I tumori cutanei colpiscono il 20% della popolazione nel corso della vita e gli interventi per la loro asportazione costituiscono una delle categorie di interventi maggiormente rappresentate. Basti pensare che negli Stati Uniti gli interventi chirurgici per la loro rimozione e successiva ricostruzione costituiscono il 77% delle procedure di chirurgia plastica ricostruttiva eseguite annualmente, contando oltre 4,4 milioni di interventi all'anno.
Quali sono i tumori cutanei più frequenti
Il tumore cutaneo più frequente è il carcinoma basocellulare e costituisce da solo l'80% di tutti i tumori cutanei. Questo tumore deriva dai cheratinociti basali dell'epidermide e si definisce a malignità locale, ovvero si ingrandisce localmente senza dare metastasi a distanza. Nella maggior parte dei casi la sua insorgenza è dovuta ad un'esposizione solare prolungata nel corso della vita ed è per questo più frequente a partire dalla quinta decade di vita. È anche correlabile in rari casi ad esposizione a determinati agenti chimici, ad alcune forme sindromiche e famigliari.
Meno frequente del carcinoma basocellulare ma senz'altro comune è il carcinoma spinocellulare. A differenza del primo è più invasivo e può dare un coinvolgimento maggiore dei tessuti circostanti. In casi avanzati può interessare i linfonodi e diffondere in regioni limitrofe.
Per questa ragione è fondamentale approfondire la diagnosi con un'ecografia dei linfonodi e in casi selezionati con indagini di secondo livello, per stabilire l'invasione dei tessuti circostanti e a distanza.
Come si trattano i tumori cutanei
Il trattamento elettivo di questi tumori cutanei è chirurgico. In caso di carcinoma basocellulare è possibile trattarlo con chemioterapici topici nei seguenti casi:
- Qualora il tumore sia molto piccolo
- Qualora non si tratti di varianti aggressive
- Quando il paziente non possa tollerare una procedura chirurgica per anzianità o per gravi comorbidità
Allo stesso modo, quando la patologia è molto estesa e il paziente non possa tollerare l'intervento, va preso in considerazione il trattamento radioterapico.
In tutti gli altri casi il trattamento è elettivamente chirurgico.
Perché la chirurgia
Diversamente da trattamenti di ablazione con azoto liquido e tecniche laser (oncologicamente scorrette in questi casi), il trattamento chirurgico consente di eseguire un'asportazione in blocco e l'esame istologico del pezzo asportato. Questo fornisce un'informazione essenziale e certa sulla natura della lesione e sulla radicalità dell'asportazione. Evita pertanto ablazioni non radicali, recidive, diagnosi sbagliate e conseguentemente trattamenti erronei.
In caso di asportazione non radicale della lesione o di asportazione eccessivamente vicina al margine, si procede ad intervento di allargamento della precedente asportazione. Tutto questo non è possibile con altre tecniche, le quali possono produrre recidive o peggio lasciare in situ porzione del tumore con gravi conseguenze.
Il melanoma cutaneo
Questo tumore è il terzo più frequente (con un'incidenza a livello della popolazione generale del 2-3%) e merita un discorso a parte rispetto agli altri tumori cutanei. È infatti il più aggressivo di quelli elencati fin'ora e deriva da una mutazione dei melanociti. Può originare da un nevo pre-esistente o, meno frequentemente, originare ex-novo. Fattori di rischio sono principalmente un fototipo chiaro, multiple "scottature" solari, un'anamnesi positiva per melanoma, famigliarità e presenza di multipli nevi displastici. La prognosi in questo caso varia a seconda dello stadio della patologia. Questo viene definito in base allo spessore, alla presenza di linfonodi coinvolti dalla malattia e alle metastasi a distanza.
Dopo il primo intervento chirurgico di asportazione durante il quale viene fatta la diagnosi, è necessario procedere ad un secondo intervento durante il quale si esegue un allargamento della precedente asportazione con un margine variabile a seconda dello spessore del melanoma. Nella maggior parte dei casi è richiesto inoltre il prelievo del linfonodo sentinella. Il percorso terapeutico in questi casi è estremamente personalizzato e merita un discorso a parte caso per caso.
Quando effettuare la ricostruzione
La ricostruzione dopo asportazione del tumore può essere immediata o essere eseguita in un secondo tempo. Questo dipende dalle dimensioni del tumore, dal distretto anatomico, dal grado di invasione e dalla discriminabilità dei margini. Quando uno di questi fattori non renda sicura una ricostruzione immediata (per rischio elevato di asportazione non radicale e di contaminazione della successiva ricostruzione oppure in caso di localizzazione della neoformazione in distretti esteticamente sensibili) è preferibile eseguire la ricostruzione in un secondo momento.
Come si effettua la ricostruzione
Le modalità della ricostruzione dipendono dalla dimensione e dal distretto anatomico dell'area da ricostruire. Le modalità ricostruttive si possono così schematizzare:
- Chiusura diretta. Questa strategia produce una cicatrice lunga circa 2,5 volte la lunghezza della neoformazione iniziale. Si può effettuare solamente quando la dimensione della lesione sia sufficientemente ridotta o quando vi sia cute sufficiente da mobilizzare per chiudere senza tensione la ferita. In caso questa si trovi in regioni esteticamente sensibili, è possibile optare per alltre soluzioni per non produrre deformazione/trazione delle strutture circostanti e per non far cadere la cicatrice in sedi visibili.
- Lembi cutanei locali, dotati di vascolarizzazione dermica, consentono la ricostruzione di piccole aree. Sono estremamente utili e possono dare un buon esito estetico. Necessitano tuttavia, come tutti i lembi, di cicatrici più estese rispetto all'asportazione con chiusura diretta
- Lembi peduncolati. Hanno un peduncolo vascolare vero e proprio, costituito da almeno un'arteria e una vena. Possono includere anche muscoli. Consentono di ricostruire aree di medie dimensioni in una regione anatomica attigua (limitatamente alla lunghezza del peduncolo).
- Lembi liberi. Consentono la ricostruzione di ampie aree, anche a distanza dall'area di prelievo. Possono essere costituiti da cute, muscoli o segmenti ossei. I vasi del lembo vengono collegati (anastomizzati in gergo) ai vasi del distretto ricevente. Richiedono un intervento più lungo e necessitano dell'uso di un microscopio per collegare i vasi.
- Innesti cutanei, consistono in un prelievo di cute estremamente sottile, in grado di attecchire a livello dell'area cruenta. Si distinguono in grado allo spessore in innesti sottili (0.25 mm), innesti a medio spessore (0.7 mm) e innesti a spessore completo. In caso di innesti sottili e a medio spessore, l'area di prelievo guarisce in circa 3-4 settimane. Il colore della zona di prelievo può risultare di un colore differente rispetto a quello della cute sana circostante. L'area di prelievo degli innesti a spessore completo invece viene chiusa con una normale ferita chirurgica producendo pertanto una cicatrice lineare. L'innesto richiede circa 7-10 giorni per attecchire. Durante questo periodo è necessario mantenere una medicazione lievemente compressiva in sede per consentire l'attecchimento.
Dal punto di vista oncologico la possibilità di effettuare dopo l'asportazione una ricostruzione adeguata, è di primaria importanza in quanto:
- Consente un'asportazione ampia con margini oncologici adeguati
- Massimizza l'esito estetico
Dopo l'intervento
L'intervento richiede dalle due alle tre settimane di riposo. La cicatrice inoltre va protetta dal sole per 9 mesi al fine di evitare che acquisti pigmento in maniera irreversibile. L'esame istologico fornisce un'informazione essenziale sulla natura di quanto asportato, sulla radicalità dell'asportazione e sull'eventuale necessità in caso contrario di dover procedere ad un ulteriore allargamento.
È fondamentale affidarsi ad uno specialista affinché il trattamento di un lesione cutanea sia adeguato. Diffidare da chi propone interventi senza esame istologico con tecniche laser o di ablazione a freddo on quanto non forniscono informazione sulla natura e sulla radicalità.